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2016 Rileggendo i poeti francesi  - 2016 Rereading the French poets

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Tema: rilettura dei poeti francesi e italiani

La rivisitazione dei poeti, in questo caso francesi, non solo rinnova in me sentimenti già provati in passato, ma mi consente anche di condurre una profonda riflessione sul fatto che essi narrano di meditazioni e di emozioni suscitate dagli accadimenti da loro vissuti, i quali, nella sostanza, sono le stesse tragedie che noi stiamo amaramente sperimentando nel nostro tempo.

Theme: re-reading of French and Italian poets.

The revision of poets, in this case French, not only reminds me of feelings already tried in the past, but it also allows me to take a profound reflection on the fact that they tell of the meditations and emotions aroused by the events they have experienced, In essence, are the same tragedies we are bitterly experiencing in our time.

Il bateau ivre. (A. Rimbaud). Pittura ad olio su tela, cm. 60 x 80.    The bateau ivre. (A. Rimbaud). Oil painting on canvas, cm. 60 x 80.

Navigando ai confini dell'essere. Pittura a olio su tela, cm. 100x120.   Navigating at the boundaries of the human. Oil painting on canvas, cm. 100x120.

L'artista condivide l’opinione degli studiosi che ravvisano nel poema onerico 'Odissea' il simbolo del percorso dell’essere umano, il quale, sentendosi sospinto ai margini del mondo che lo circonda, desidera riottenere la collocazione e la dignità che gli spettano per diritto sancito dal’ordine cosmico, mediante la conoscenza; essa, compiendo un salto temporale ampio, afferma che queste sono anche le sollecitazioni proposte da A. Rimbaud nella poesia Le 'Bateau ivre', la quale s’incentra sulla metafora dell’uomo-vascello in viaggio, assoggettato a tutte le intemperie e che, non ostante tutto, va alla ricerca di un approdo.

 L’ultimo volo dell'albatro. Pittura a olio su tela, cm 100x140.     The last flight of the albatross. Oil painting on canvas, 100x140 cm.

L'orma dell'incerto viaggio. Pittura a olio su tela, cm. 80 x 100.   The imprint of the journey. Oil painting on canvas, cm. 80 x 100.

I poeti hanno fatto riferimento alla potente e primaria metafora del viaggio ora del singolo ora di tutta la società. Questa metafora, a sua volta, è connessa con altre rilevanti metafore: del fiume-cammino umano, del mare-Cosmo, del poeta rappresentante dell’alta spiritualità e dell’alta cultura, il quale elabora il proprio sentire con grande maestria mediante l’insieme olistico di fantasie visive, sonore, olfattive, tattili.

Tra le nebbie della vita. Pittura a olio su tela, cm. 80 x 100   Between the mists of life. Oil painting on canvas, cm. 80 x 100.

Rilegendo i poeti francesi e riconoscendo la loro osservazione del tempo in cui hanno vissuto, si evince che la metafora dell'albatro che vola tra le nebbie, vale anche per ciò che accade all'Umanità.

Oltre la tempesta, sarà un porto sicuro? Pittura a olio su tela, cm. 80 x 100.    Beyond the storm, will it be a safe harbor? Oil painting on canvas, cm. 80 x 100. 

La caduta dell'albatro. Leggendo Charles Baudelaire. olio su tela, cm 80 x 100.    The fall of the albatross. Reading Charles Baudelaire. oil on canvas, 80 x 100 cm.

L'artista afferma che il contesto sociale, in cui essa elabora le proprie opere, è quello esplicitato dai sociologi, ad esempio, M. Augé, Z. Baumann ed altri, i quali danno una conferma del vissuto tormentato dall’Umanità contemporanea. La rivisitazione della poesia 'L’ultimo volo dell’albatro', di Charles Baudelaire, le ha consentito anche di condurre una profonda riflessione sul fatto che questi poeti (come del resto altri) narrano di meditazioni e di apprensioni suscitate dagli accadimenti da loro vissuti, i quali, in essenza, sono gli stessi che i contemporanei stanno amaramente sperimentando.

Charles Baudelaire, Da 'I fiori del male': l'Albatro, 1961

Spesso, per divertirsi, uomini d’equipaggio
catturano degli albatri, vasti uccelli dei mari,
che seguono, compagni indolenti di viaggio,
il solco della nave sopra gli abissi amari.

Li hanno appena posati sopra i legni dei ponti,
ed ecco quei sovrani dell’azzurro, impacciati,
le bianche e grandi ali ora penosamente
come fossero remi strascinare affannati.

L’alato viaggiatore com’è maldestro e fiacco,
lui prima così bello com’è ridicolo ora!
C’è uno che gli afferra con una pipa il becco,
c’è un altro che mima lo storpio che non vola.

Al principe dei nembi il Poeta somiglia.
Abita la tempesta e dell’arciere ride,
esule sulla terra, in mezzo a ostili grida,
con l’ali da gigante nel cammino s’impiglia.

 

Jean Nicolas Arthur Rimbaud  'le Bateau ivre', 1871

Mentre discendevo lungo fiumi indifferenti,
M'avvidi di non essere più in mano ai manovranti.
Dei pellerossa urlanti li avevano presi a bersaglio,
Nudi li avevano inchiodati a pali variopinti.

Indifferente al destino di qualsiasi equipaggio,
Portatore di biade fiamminghe o di cotone inglese.
Quando con i miei manovranti ebbe fine il pestaggio,
I Fiumi m'hanno lasciato scendere a mie pretese.

Nello sciabordio furioso delle maree,
L'altro inverno, più sordo che un cervello infantile,
Correvo! E le Penisole alla deriva ( 1)
Mai subirono sconvolgimenti più trionfali.

Benedì la tempesta i miei risvegli marittimi
Più leggero di un sughero tra i flutti danzavo
Che si dicono eterni albergatori di vittime,
Dieci notti, senza rimpiangere lo stolto occhio di un faro

Più dolce che al bimbo l'asprigna polpa dei pomi
L'acqua verde penetrò nel mio scafo di pino
E delle macchie bluastre di vino e di vomito
Mi spazzò, disperdendo l'ancora e il timone

Da allora, mi son bagnato dentro il Poema
Del Mare, infuso d'astri, e lattescente
Divoratore di verdi azzurrità; dove, relitto estasiato
E livido, a volte discende pensoso un annegato

Dove tingendo all'improvviso le azzurrità, deliri
E ritmi lenti sotto gli arrossamenti del giorno,
Più forte dell'l'alcool, più vaste delle lire,
Fermentano i rossori amari dell'amore!

Conosco i cieli che si squarciano in lampi e le trombe
E le risacche e le correnti: conosco le sere,
le Albe esaltate tali a un popolo di colombe,
E ho visto a volte ciò che umano ha creduto di vedere

Ho visto il sole basso, macchiato d'orrori mistici,
Illuminare dei lunghi coaguli violacei,
Tali ad attori di drammi alquanto antichi
I flutti spingere al largo frementi di pennacchi

Ho sognato la notte verde dalle nevi abbagliate
Baciare salendo agli occhi dei mari con lentezza
La circolazione di linfe inaudite
E il risveglio giallo e bluastro di fosfori canterini

Ho seguito per mesi interminabili, tale a una mandria
Isterica, le onde all'assalto delle barriere
Senza sognare che i piedi luminosi di Marie
Potessero forzare il muso agli Oceani affannati

Ho urtato, sappiatelo, Floride incredibili
Che mischiavano ai fiori occhi di pantere dalla pelle
D'uomo! Degli arcobaleni sottesi come redini
Sotto l'orizzonte dei mari a glauche greggi

Ho visto fermentare le paludi enormi, nasse
Dove imputridisce tra i giunchi tutto un Levi
atano!
Dei crolli in mezzo alle bonacce d'acqua,
E di lontananze verso gorghi catarrosi

Ghiacciai, soli d'argento, flutti perlacei, cieli di braci
Invasi disgustosi sul fondo di golfi bruni
Dove i serpenti giganteschi divorati dai fetori
Cadono, dagli alberi contorti, con degli acri profumi

Avrei voluto mostrare ai bimbi queste orate
dei flutti blu, questi pesci d'oro, questi pesci canori.
Delle schiume floreali hanno cullato le mie derive
E i venti ineffabili mi hanno reso alato

A volte, martire stanco dei poli e delle zone,
Il mare di cui il respiro rendeva dolce il mio rollare
M'innalzava i suoi fiori d'ombra dalle gialle ventose
Ed io sostavo, tale a una femmina inginocchiata...

Simile a un'isola, sballottando sui miei bordi le liti
E il guano di maldicenti uccelli dagli occhi biondi
E vogavo quando attraverso le mie liane tremule
Degli annegati discendevano all'indietro addormentati!

Ora io, battello perduto sotto i capelli delle anse,
Gettato dall'uragano nell'etere senza uccelli,
Io di cui i Monitori e i velieri anseatici
Non avrebbero ripescato la carcassa ebbra d'acqua;

Libero, fumante, cavalcato da brume violette,
Io, che penetravo il cielo rosseggiante come un muro
Che porta, confettura squisita ai bravi poeti,
Licheni di sole e naricio d'azzurro;

Io che correvo, macchiato di lunule elettriche,
Tavola folle, io scortato da ippocampi neri
Quando i lugli facevano crollare a colpi di randello
I cieli oltremarini dagli ardenti imbuti

Io che tremavo sentendo gemere a cinquanta leghe
Il rutto di Behemot e i Maelström profondi
Eterno incrociatore di immobilità bluastre
Ora rimpiango l'Europa dai malandati parapetti

Ho visto arcipelaghi siderali! E isole
dove i cieli deliranti sono aperti al vogatore:
È in queste notti senza fondo che tu dormi e ti esili,
Milioni di uccelli d'oro, oh futuro Vigore?

È vero, ho pianto troppo! Le Albe sono desolanti
Tutta la luna è atroce e tutto il sole amaro
L'acre amore mi ha gonfiato di torpore inebriante
Oh che la mia chiglia esploda! Oh che io ritorni al mare

S'io vagheggio un'acqua d'Europa, questo è lo stagno
Freddo e nero dove in un crepuscolo imbalsamato
Un bimbo pieno di malinconia libera accovacciato
La sua barchetta tremula come una farfalla a maggio

Non posso più, bagnato dai vostri languori, o venti
Inseguire i solchi dei carichi di cotone (2)
Né attraversare l'orgoglio di stendardi e gonfaloni
Né manovrare sotto gli occhi orrificanti dei pontoni

 

 

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